“La festa di tutti i matti.” L’ospidale de’ pazzi incurabili di Tomaso Garzoni

Nessuno prima del poligrafo Tomaso Garzoni da Bagnacavallo aveva immaginato di trasformare un’opera letteraria in un edificio per i folli. Per una civiltà che coltiva la suprema dignità della natura umana, la prospettiva delle linee e la geometria architettonica, l’oscurità della mente diviene la pi...

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Veröffentlicht in:Quaderni d'italianistica 2021, Vol.42 (2), p.275-299
1. Verfasser: Sabbatino, Marcello
Format: Artikel
Sprache:ita
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Beschreibung
Zusammenfassung:Nessuno prima del poligrafo Tomaso Garzoni da Bagnacavallo aveva immaginato di trasformare un’opera letteraria in un edificio per i folli. Per una civiltà che coltiva la suprema dignità della natura umana, la prospettiva delle linee e la geometria architettonica, l’oscurità della mente diviene la più terribile minaccia. Secondo Ariosto, Astolfo non avrebbe potuto rintracciare sulla Luna la pazzia, che “sta qua giù, né se ne parte mai” (Orlando furioso 34.81.8). Quasi su invito del suo autore, Garzoni cerca di contenere la diffusione della follia e, come in un giorno di “festa di tutti i matti,” apre al mondo “le porte” della sua “fabrica” per accogliere gli “onorati spettatori.” L’ospidale de’ pazzi incurabili, apparso nel 1586 presso tre tipografie, ripercorre la storia umana senza cercare una linea evolutiva, ma individuando le falle della ragione e il diffondersi dell’insania. In questo percorso irregolare, simile ad un segmento tratteggiato, fatto di vuoto e pieno, assenza e presenza, la pazzia rivela la sua natura poliedrica e si presenta nella molteplicità delle manifestazioni particolari, mostrando il lato tenebroso del cammino degli uomini. L’ospidale si colloca al tramonto di un secolo e di una civiltà letteraria e all’alba di una nuova concezione dell’arte e del mondo.
ISSN:0226-8043
2293-7382
DOI:10.33137/q.i..v42i2.39699