Gemalte Landschaften im Zeitalter Dantes und Petrarcas

Il saggio esamina le analogie e le differenze che sussistono fra la rappresentazione del paesaggio nei pittori italiani della prima metà del Trecento e la letteratura dell’epoca. Giotto, il grande innovatore, continua a essere ligio alla tradizione medievale del paesaggio roccioso, ma le colline nud...

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Bibliographische Detailangaben
Veröffentlicht in:Deutsches Dante-Jahrbuch 2017-10, Vol.92 (1), p.66-105
1. Verfasser: Aurenhammer, Hans
Format: Artikel
Sprache:eng
Online-Zugang:Volltext
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Beschreibung
Zusammenfassung:Il saggio esamina le analogie e le differenze che sussistono fra la rappresentazione del paesaggio nei pittori italiani della prima metà del Trecento e la letteratura dell’epoca. Giotto, il grande innovatore, continua a essere ligio alla tradizione medievale del paesaggio roccioso, ma le colline nude dei suoi sfondi si riferiscono così strettamente al racconto rappresentato da poter parlare di un paesaggio ›simpatetico‹. I primi illustratori della Commedia non riescono a tenere dietro alle descrizioni poetiche dei regni dell’aldilà. Fenomeni ottici descritti in maniera precisa da Dante (riflessi, sbattimento, cielo atmosferico) superavano le possibilità che la pittura aveva all’epoca. Entro questi limiti, però, i miniatori propongono delle soluzioni originali, come si mostra sull’esempio del Codice Egerton 943 della British Library (intorno al 1335/40). La descrizione dell’ascesa al monte Ventoux di Petrarca e Il Dittamondo di Fazio degli Uberti aprono sul paesaggio uno sguardo che viene dall’alto e spazia lontano, simile a quello dell’affresco sugli effetti del ›Buon Governo‹ di Ambrogio Lorenzetti nel Palazzo Pubblico di Siena (1338/39). L’affresco è caratterizzato da una combinazione di concretezza empirica e di ordine allegorico paragonabile ai paesaggi di Dante e di Petrarca.
ISSN:0070-444X
2194-4059
DOI:10.1515/dante-2017-0006